
Il
folclore del gruppo Urbanitas rispecchia il carattere
della regione da cui proviene, le danze sono allegre e
veloci ed esprimono gioia di vivere e di divertirsi. Tutti
i brani del repertorio si basano su musiche e coreografie
originali, ricostruite grazie ad un paziente ed attento
lavoro di ricerca.
La nostra era una regione prevalentemente contadina, ed
è per questo che tutte le danze fanno riferimento
ai grandi lavori stagionali della campagna (trebbiatura,
vendemmia, ecc.), la fine dei quali rappresentava sempre
un'occasione di gran festa.
Tra
i balli più coinvolgenti del nostro spettacolo
spiccano "La piazza di Montegallo", ballo molto
vivace che trae il nome dalla piazza di un ipotetico paese,
quasi certamente assurta come simbolo per indicare ogni
importante festa che finiva col ballo sulla piazza, e
" 'U vallu che non va vé" (Il Ballo che
non va bene), ballo caratterizzato dallo scopo di condurre
a danzare le ragazze presenti, belle e brutte e più
o meno brave nel ballo, il cui ritmo è pertanto
lento, con movenze semplici e con un continuo scambio
tra i cavalieri e le dame.
Alcuni
tra i balli del nostro repertorio sono di lontana provenienza,
ma risultano oramai radicati nella nostra tradizione.
La "Mazurca", danza originaria dell'Europa centro
settentrionale, fu introdotta in Italia durante il periodo
napoleonico dai soldati boemi, croati e austriaci, che
a quel tempo combattevano gli eserciti di Murat; diffusa
soprattutto nel nostro centro nord, è stata trasformata
dal marchigiano sia nella musica che nelle movenze originarie,
adattandola così al proprio gusto ed alla propria
cultura. La "Manfrina", danza di chiara origine
cortigiana proveniente quasi certamente dalla corte di
Francia, dove era molto diffusa già dal 1700; introdotta
nelle nostre terre alla fine dello stesso secolo, è
diventata lentamente nostro patrimonio popolare, grazie
ai servitori dei nobili locali; veniva eseguita con strumenti
ad arco, e conserva tuttora la figura del "maestro
di cerimonia" che detta ad alta voce i cambi e le
movenze del ballo.
Nel
corso degli anni, grazie ad una meticolosa attività
di ricerca, è stato possibile riscoprire e quindi
recuperare movenze e musiche che altrimenti sarebbero
andate perdute: nascono quindi in questo modo balli come
"Lo Sterpe", caratterizzato da un ritmo molto
veloce e da un rapido susseguirsi di coreografie, e "Tre
zumpi sull'ara", ricostruito sulla base di un vecchio
valzer.
Poiché
erano molto rare le occasioni di corteggiamento, il ballo
costituiva un'importante opportunità di incontro;
questo aspetto, presente in tutte le nostre danze, risalta
in particolar modo ne "La Montagnola", dove
viene rappresentato il corteggiamento da parte di un marinaio
verso una ragazza della nostra terra che con la propria
brocca si reca alla fonte, e in "Vallate vallerì",
ballo con cui si aprivano le feste in casa del padrone
o del fattore, alle quali partecipavano tutti i mezzadri
amministrati; ad esso prendevano parte solo i migliori
ballerini che, con ammirazione o solo per dovere, corteggiavano
o la padrona di casa o la figlia del padrone.
Fra
tutti i balli del nostro repertorio, quello che più
di ogni altro ci rappresenta è senz'altro il "Saltarello";
sensibilmente diverso nel ritmo e nella musica nei vari
paesi della nostra regione, ad Apiro assume un brio eccezionale,
tanto da meritare la definizione di "Saltarello a
terremoto"; il Gruppo Urbanitas lo esegue dedicando
la massima cura ai particolari, riproponendo sul palcoscenico
la scena che verosimilmente doveva aver luogo sull'aia,
dove si realizzava questa danza per festeggiare la fine
dei grandi lavori stagionali. Il "Saltarello"
è il ballo di corteggiamento per eccellenza: le
coppie di ballerini si rivolgono sempre lo sguardo sorridendo,
con continui ammiccamenti e provocazioni; l'uomo cerca
in ogni momento di avvicinarsi alla donna, la quale inizialmente
si sottrae facendosi desiderare, ma poi si riavvicina
mostrando di gradire le galanterie del suo pretendente.